SAN SABINO VESCOVO
Si tratta di un vescovo vissuto tra la fine del secolo V e la metà del VI, di lui prima dell’episcopato non si sa praticamente nulla; sembra che sia succeduto come vescovo di Canosa di
Puglia a Memore nel 514.
Lo si ritrova con altri vescovi nel 531, accanto a Bonifacio II nel Sinodo romano di quell’anno; oltre ad essere un campione di virtù, doveva essere molto saggio e uomo di dottrina, visto
la missione di grande importanza che gli aveva affidato il papa Agapito.
S. Sabino fu inviato come capo di una commissione di vescovi, nel 535 a Costantinopoli, su invito dell’imperatore Giustiniano, per constatare, dibattere e condannare l’eresia monofisita del
patriarca Antimo, la sua rimozione e la sostituzione con il nuovo patriarca Mena.
Papa Agapito che era giunto personalmente per evitare conflitti, morì sul luogo il 22 aprile 536; toccò a Sabino e agli altri vescovi continuare nell’opera, affiancando il patriarca Mena
nel sinodo da lui indetto nel 536, da cui scaturì la condanna definitiva di Antimo, Severo, Zoara e dei loro discepoli monofisiti.
S. Gregorio Magno racconta che Sabino era solito visitare s. Benedetto a Montecassino, a cui portava sincera amicizia, in una di queste visite disse a s. Benedetto che era preoccupato per
l’ingresso di Totila re degli Ostrogoti in Roma (dicembre 546) ricevendo come risposta che Roma si sarebbe disfatta da sé per altre vie. E fu con Totila che si verificò l’episodio in cui il re
barbaro in giro nel Meridione, in una delle sue incursioni, arrivò a Canosa e invitato a mensa dal santo vescovo, ormai vecchio e cieco, volle provarne lo spirito profetico, offrendogli lui
stesso del vino al posto del servo, Sabino chiamandolo per nome lo ringraziò.
Anche un ambizioso arcidiacono, gli preparò una bevanda avvelenata, ma il vescovo lo scoprì e disse al servo che gli porgeva la coppa: “Io berrò il veleno, ma egli non sarà vescovo”; Sabino
rimase incolume e l’altro proprio allora si accasciò morto.
Dopo circa 52 anni di episcopato, il santo vescovo morì il 9 febbraio del 566. La città di Canosa di Puglia lo venera come suo patrono, ma anche Bari gli tributa grande culto, venerandolo
come compatrono insieme a s. Nicola. Bari ereditò dall’XI secolo la sede episcopale, fino allora dipendente da Canosa.
PADRE ANTONIO MARIA LOSITO REDENTORISTA
Dal popolo fu chiamato “il Padre Santo”; fu un sacerdote rimasto nell’ombra, ma che seppe essere guida spirituale di grandi figure della Chiesa del suo tempo.
Antonio Losito nacque a Canosa di Puglia il 16 dicembre 1838, da Antonio Losito e Celeste Ricco e battezzato lo stesso giorno.
Fu educato ad una solida pietà e a 17 anni, il 24 novembre 1855, per seguire meglio il Signore, entrò a Ciorani (Salerno) nel noviziato dei Redentoristi, dove emise i voti religiosi il 24 ottobre
dell’anno dopo.
La Congregazione del SS. Redentore (Redentoristi), fu fondata nel 1732 da s. Alfonso Maria de’ Liguori (Marianella (NA), 27/9/1696 - Pagani (SA), 1/8/1787), vescovo di S. Agata dei Goti e Dottore
della Chiesa.
Il chierico Antonio Maria Losito compì gli studi teologici a Materdomini (Avellino), Casa redentorista adiacente al celebre Santuario di S. Gerardo Maiella (1726-1755), giovane professo
redentorista morto a Materdomini, beatificato nel 1892 e canonizzato nel 1904.
Antonio Maria Losito fu ordinato sacerdote il 5 aprile 1862, ma mentre si preparava all’apostolato più diffuso, nel 1867 fu costretto a tornare a Canosa (Bari), per la soppressione governativa
degli Istituti religiosi; esplicò il suo ministero per venti anni nell’ambito della sua Diocesi pugliese; solo nel 1887 poté rientrare nella ricostituita Congregazione del Redentore.
Destinato alla Casa di Pagani (Salerno), gli fu affidata la direzione spirituale dei chierici studenti che si preparavano al sacerdozio; nel 1907 fu nominato rettore di quella comunità e infine
nel 1909 divenne Superiore Provinciale dei redentoristi napoletani.
Padre Antonio Maria Losito, fu sempre cagionevole di salute e colpito dopo il 1890 da paralisi agitante, il suo motto fu “amare e patire”; la sua sofferenza e l’amore per le anime, lo spinsero a
dedicarsi alla direzione spirituale di quanti affollavano il suo confessionale o chiedevano il suo consiglio, specie chierici, studenti, religiosi, sacerdoti, desiderosi di perfezione.
Fra questi primeggiò il beato Bartolo Longo (1841-1926) avvocato fondatore del Santuario del Rosario di Pompei e opere annesse, beatificato nel 1980, che lo ebbe come maestro e guida per circa 15
anni, dal 1902 al 1917, succedendo al Servo di Dio Giuseppe Maria Leone (1829-1902) altra santa figura di redentorista.
Padre Antonio Maria Losito, godeva di grande prestigio presso papa s. Pio X e utilizzò questa considerazione, per dissipare gli equivoci sorti ad opera di malevoli, tra il beato Bartolo Longo e
la Santa Sede; spronò le stesso avvocato a costruire l’ospizio per accogliere i figli e le figlie dei carcerati. Ebbe anche la benevolenza di papa Benedetto XV e di molti vescovi e prelati.
Morì nella Casa di Pagani il 18 luglio 1917 e lì fu tumulato; nel 1983 i suoi resti mortali furono traslati a Canosa di Puglia, dove il 9 aprile 1983 furono tumulati nella cattedrale di S.
Sabino.
Negli anni 1937 e 1939 furono istituiti i processi per la sua beatificazione nelle diocesi di Nocera e di Andria.